Alle origini del concetto di vita intesa come viaggio attraverso le esperienze dell’esistenza, che permea vari aspetti della nostra cultura, troviamo radici profonde che si intersecano con il complesso sistema socioculturale delle civiltà pre-elleniche, nel cosiddetto medioevo ellenico. In questo quadro, naturalmente, l’Odissea di Omero si definisce come vero e proprio archetipo concettuale del viaggio e si accompagna in modo coerente – ma con forti scostamenti contestuali – dall’Iliade.
L’Odissea struttura il proprio racconto attorno ad un particolare contesto di viaggio: il ritorno verso casa dopo la distruzione di Troia – narrata nell’Iliade. Il viaggio di Ulisse, infatti, viene descritto attraverso le difficili vicissitudini che costellano il tentativo del protagonista di fare ritorno ad Itaca, dove lo attende una famiglia ed un regno da governare, entrambi minacciati da interferenze estranee. Non si tratta di avvenimenti puramente terreni: le capricciose intromissioni del mondo soprannaturale rappresentato dal pantheon delle divinità classiche hanno la funzione di determinare precise scelte e azioni di Ulisse. Un esempio evidente è l’ostilità costante del dio Poseidone verso il protagonista, che più volte viene messo fuori rotta o in naufragio a causa delle ripicche del dio del mare.
Ed è proprio con un’assemblea divina che si apre il poema, che Omero usa per descrivere la situazione di Itaca e del contesto in cui versa il figlio di Ulisse, Telemaco. È la “telemachia”, che crea una narrazione circolare all’interno dell’opera. Successivamente, sempre per mezzo di un movimento divino, la scena si proietta verso l’isola di Calipso, la ninfa che tiene prigioniero Ulisse da sette anni – una prigionia poco sgradevole, vista l’immensa bellezza della ninfa. Da qui prende avvio la serie di incontri e scontri che hanno reso famosa l’Odissea, fino al tanto agognato ritorno in patria e alla messa in atto della vendetta di Ulisse contro gli usurpatori del suo trono.
Il viaggio omerico, dunque, è una rappresentazione metaforica della vita dell’uomo e delle facoltà necessarie al suo compimento. Non è la meta a dare significato al viaggio, ma il percorso compiuto attraverso le esperienze, un percorso che è innanzitutto interiore e in secondo luogo definito da una geografia fisica. La destinazione è invece il “motore immobile” del viaggio, in nome del quale vengono messe in opera le qualità necessarie al superamento delle distanze interne ed esterne.
Come scrisse Konstantinos Kavafis:
Sempre devi avere in mente Itaca
raggiungerla sia il pensiero costante
ma soprattutto non affrettare il viaggio.