In economia risparmiare significa rinunciare a consumare una parte del reddito percepito accantonandolo oppure investendolo.
Ciò che gli economisti classici hanno maggiormente analizzato riguardo al risparmio è la sua funzione di creazione di ricchezza. Secondo gli studi classici, infatti, le risorse non consumate costituiscono il fattore principale per la formazione di capitale, sia per quanto riguarda le imprese, che possono reinvestirlo nella produzione, sia per quanto riguarda i risparmiatori, i quali, mettendo a disposizione le loro risorse non consumate in cambio di una remunerazione, potranno aumentare il loro capitale.
Saranno economisti quali William Stanley Jevons, Eugen Ritter von Bohm-Bawerk e Léon Walras che, dando impulso a nuovi studi, inquadreranno una teoria economica secondo la quale il risparmio va analizzato anche riguardo alla motivazione psicologica, tenendo conto dei bisogni individuali, dell’utilità e delle scelte.
Una delle teorie del risparmio, legata alle cause delle fluttuazioni economiche, è dovuta agli studi di economisti quali Arthur Spiethoff, Friedrich von Hayek, insignito del premio Nobel per l’economia nel 1974, John Maynard Keynes, considerato il più influente tra gli economisti del XX secolo, e Dennis Robertson.
L’analisi affrontata da questi economisti ha portato a considerare il risparmio secondo un punto di vista diverso da quello offerto dalla teoria classica, sostenendo che esso sia un fenomeno dipendente da fattori sociologici e psicologici, dall’altezza del reddito, dal costo della vita e da altri fattori.
È dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso che si iniziano a sviluppare, in modo parallelo, teorie sul risparmio e teorie sul consumo.
Sarà Keynes che darà il maggiore impulso alle analisi delle decisioni di consumo e di risparmio, teorizzando che il risparmio cresce in misura più che proporzionale al crescere del reddito corrente. Teoria, questa, che sollevò a suo tempo molti dibattiti e alla quale fu attribuito il difetto di considerare dipendente delle decisioni di risparmio il solo reddito corrente.
Furono gli studi di economisti quali il premio Nobel per l’economia nel 1985 Franco Modigliani, Richard Brumberg, Milton Friedman e James Duesenberry che diedero impulso a nuove teorie sulla natura del risparmio e che portarono alla cosiddetta teoria del reddito permanente elaborata da Friedman e a quella del ciclo vitale proposta da Modigliani e da Brumberg nel 1954, la quale mette in luce come gli individui cerchino di mantenere un tenore di vita il più possibile costante durante tutto l’arco della loro vita, risparmiando soprattutto quando sono giovani per far fronte alle loro esigenze di consumo al termine dell’attività lavorativa. Il ciclo di vita del risparmio è quindi visto come positivo durante la fase lavorativa e negativo durante il pensionamento.
Una teoria, questa, a cui ancora oggi si fa riferimento, generalmente accettata per analizzare le scelte di consumo e di risparmio delle famiglie ma anche per indagare sul risparmio a livello aggregato e per definire politiche fiscali.
È sul modello della teoria del ciclo vitale che si sono basati gli studi successivi sul risparmio, quali ad esempio quelli che, a partire dagli anni Ottanta, hanno dato ad esso una funzione soprattutto precauzionale, sottolineando l’incertezza sul reddito percepito, quelli su consumo e tasso di interesse di Angus Stewart Deaton, premio Nobel per l’economia nel 2015 per le sue analisi sui consumi, sulla povertà e sul welfare, e quelli che hanno dato vita alla cosiddetta teoria del ciclo economico reale, secondo la quale più il risparmio viene remunerato, più gli individui sono incentivati a lavorare e produrre.